La follia via maestra | Del resto sono solo una puttana
Mia amata Dafne.
È un mondo ingrato, questo, per quelle come me-come noi che non ci stanno a fondersi nelle prerogative di una concezione pregiudicante, preconfezionata e prepotente della vita e dei rapporti con ogni essere esistente a discendere. Malacarne, il verdetto a pronuncia della ragione di potere in un tempo non lontano, è l’odore che ancora emana dalle pareti di uno sguardo opaco, sotterraneo e stantio con cui mi liquida mio marito, quello stesso e solo uomo che ti vive dentro. Uno sguardo che ti vuole, ti pensa e ti crede in maniera spietatamente decisa, senza pietà o tentennamento
impuramente esuberante
avidamente intemperante
eterno femminino deviante
e si vuole, si pensa e si crede perciò in diritto
di renderti vile e degna di disprezzo
di misconoscerti ogni merito
di averti in odio e rifiutarti.
Uno sguardo a tal punto penetrante che ti spoglia di ogni volontà di reagire: si agitano e scuotono le fondamenta di un presente, cadono d’un pezzo le strutture portanti un tempo adesso e ti scopri isolata in quel campo aperto, un terreno già bagnato di sangue, un deserto e i suoi miraggi a svegliare qui ed ora gli echi di un testimone già antico…
meglio la cattiveria di un uomo che la compiacenza di una donna,
una donna impudente è un obbrobrio. -Libro del Siracide, 42-
Che fare? mia amata scienza, lì avanti a lui, il suo sguardo nell’eremo oscuro, io una sola voglia, mai invero nata ai suoi occhi; non vi è luogo al mondo, ragionevolmente, pensato per accogliermi e ospitarmi a riparare; non vi è anima al mondo, ragionevolmente, in grado o in dovere di sgravarmi da una colpa forgiata ad arte a vana sorte. L’altro mondo non mi è fatale, scappare è inconcludente, uccidere non mi è conferito… sequestrata da una stessa vita non mi è dato che restare e
impazzire.
Una via obbligata questa, mia eterna comprensione, tanto salvifica quanto
violentemente esasperante
vergognosamente mortificante nella sua teatralità
nervosamente gastrica
che mi ha valso in aggiunta l’illuminata veste dell’isterica. Un dono della provvidenza, l’alibi compiuto, il pretesto calzante per mio marito atto a negare ogni sua compartecipazione allo stesso dramma che si consuma dentro. Per mia ingrata sorte, e ai suoi occhi, è anzi la riprova della indubitabile testimonianza che la sola cosa a consumarsi sempre e ancora è l’infamante vizio e l’amorosa frode, la mia caduta in sentenza. Peccatrice incontinente sono degna del girone, votata a un tormento che a mordere è sé stesso, che si consuma e si rinnova in quell’arco senza fine, in quell’angoscia delle genti ivi fuse nella stretta.
Sono in buona compagnia, mia amata solitudine. Quante esistenze perdute, smarrite, internate
mediocri della salute-del pensiero-della sfera morale
anomalie della femminilità
pazze morali
ho incontrato in quel campo aperto, dal terreno bagnato di sangue.
Donne dal ventre deviato, sosteneva la regola; un’entità distinta e indipendente, talvolta maligna, altre benefica che andava ricollocata nella sua posizione originaria.
Donne dal senso erratico, dichiarava il giusto; un animale nell’animale che dal basso ermo e inabitato si insinua nel cuore e nella testa, soffoca il respiro, corrompe il sangue, irrita i nervi e che dunque occorreva acquietare.
Donne dal desiderio maligno, proclama il beato; per loro stessa natura un “animale imperfetto che inganna sempre” (Malleus Maleficarum) il cui abbandono ai piaceri carnali intrinsecamente legati al male era giusto esorcizzare, punire, condannare a morte.
Donne dalle caverne aride, vizze e strangolate, sancisce il sommo ordine; una pantomima, una teatralità, una simulazione frutto di umori incontinenti ivi corrotti, effetto deleterio della lussuria che è utile curare.
Confinata ora in quel campo aperto, un terreno già bagnato di sangue, a chiudere la coorte, mia dote e gratitudine, la domanda è pure vana, l’affido al vento, la ingravidasse: Chi sono io fra tante per denunciare la follia di una ragione, il delirio di un sapere, la dittatura di un pensiero?
Del resto io insana sono solo una puttana.
Metilde S