Una toga tradita | La violenza dentro
Mia amata Dafne.
Ancora una volta mi confesso, e ancora una volta ti affido il mio affanno. Le ostilità nascoste mi logorano, i tentativi di sabotaggio in quella resistenza passivo aggressiva mi suscitano perplessità e tristezze, corro il rischio di reagire male, a mio sconforto. Quando ancor più ad agire la siffatta resistenza è la vestale di un’attività intellettuale e colta, l’avvocato a gravar la sorte, avverto il senso di un tradimento lacerante. Un lontano rimpianto, oramai, è il pensiero di Calamandrei, padre fondatore del codice di procedura civile, a rivelare che
«Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità.
Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia»
Una vivida stretta invece, mio eterno sollievo, è il modo in cui quel dì della scorsa settimana, io a sedere al cospetto dell’avvocato in ufficio, ella è a liquidare mio marito in quanto cliente e assistito in quella fase oramai esecutiva di un provvedimento di condanna. Aldilà della comunicazione lapidaria di un rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato dalla stessa già prospettato, e pertanto già annunciato a suo vedere, mi prospetta ancora un'impossibilità oppositiva di base - pur negata nella nostra telefonata l'indomani - nonostante io ne fossi già informata, mia intima creanza (io ad affermare: "facciamo opposizione", lei a rispondere: "NON SI PUÒ"). Alla mia legittima obiezione, il portale di informazione e consulenza legale alla mano, lei rettifica e mi informa, stesso modo lapidario, che non vuole fare opposizione, vuole terminare il suo mandato qui ed ora, vuole mandarmi la parcella (legittimamente)... infine adducendo a motivazione che l'affare in questione le stava portando via troppo tempo prezioso.
Non mi permetto, mia amata sorte, non è mio costume, sindacare la libertà altrui di fare o non fare, ma è la motivazione accampata a turbare e ad animare la domanda qui retorica…
Quanto tempo materialmente insostenibile le è costato, fin qui, l'affare di mio marito quando, all'atto dell'assunzione di mandato
il processo di cognizione a suo carico era già esaurito e pertanto lui già condannato
la sostanza dell'intervento atteneva al patrocinio in quel residuale procedimento destinato ad attuare quanto deciso con il provvedimento di condanna per l'appunto.
Quanto tempo materialmente insostenibile le è costato, fin qui, l'affare di mio marito nella fase di attuazione in epilogo di processo quando
a proporre il programma di trattamento della misura alternativa e a controllarne l'esecuzione sono stati i funzionari dell'U.E.P.E, giustamente competenti
a intrattenere i rapporti con loro e le agenzie coinvolte e a mediare i conflitti emersi in itinere sono stata io (non era "di sua competenza")
a chiedere, io sconcertata ed esasperata, un aiuto nella verifica di un computo ambiguo delle ore destinate al lavoro di pubblica utilità a carico di mio marito ho raccolto da parte del suo studio un netto rifiuto (non era "di loro competenza")
a redigere la relazione finale, completa delle valutazioni delle singole agenzie coinvolte, e a sottoporla nei termini stabiliti al Collegio di competenza per la formulazione dell'Ordinanza di dichiarazione di estinzione del reato sono stati i funzionari dell'U.E.P.E, giustamente competenti
la presenza in udienza si è sostanziata in una legittima attività di segreteria…
la prima per prendere atto di uno slittamento di data (il giudice: "facciamoli tornare in estate")
la seconda per convalidare e dare avvio al programma proposto dall'U.E.P.E
la terza per prendere atto della conclusione ad esito positivo del programma già citato.
Inoltre, mia coscienza, non potevamo certo immaginare - pure avanzando per ciò le nostre scuse - che la compilazione spontanea della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, un'attività di ordinaria amministrazione rispetto al gravame di una memoria di difesa scolpita ad personam, la obbligasse oltremodo - le lungaggini e le attese a riguardo, per contro, non sono a noi imputabili. La stessa le è risultata a tal punto sgradita da legittimarla a prospettarci un mancato accoglimento certo, causa la presentazione dell'autocertificazione di reddito da parte di mio marito ad integrazione documentale, a suo vedere inammissibile. Tutto ciò senza tenere in alcun conto che
la domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato da lei stessa presentata riporta nella stessa intestazione "Istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato con dichiarazione sostitutiva di certificazione del reddito"
la legge n. 445/2000 in materia di dichiarazioni sostitutive all'art. 46 ammette di "comprovare con dichiarazioni sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni" fra l'altro "la situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali"
lo stesso Collegio competente nel suo "Invito ad integrare l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato" sancisce "l'onere dichiarativo di cui alla lettera c) dell'art. 79 T.U. Spese di Giustizia assolto con la mera autodichiarazione del richiedente"
la motivazione del diniego, qualora l'avesse letta o presa in considerazione, non riguarda la modalità di presentazione (qualificata non idonea), ma è a indicare il fatto che "nessuna integrazione fosse pervenuta nei termini concessi".
Considerando infine, ma non da ultimo, che
le incomprensibili resistenze da parte dello stesso avvocato nella cura di un affare (nella sola fattispecie di mio marito nel contesto) non sono ad esaurirsi in quanto suddetto… ella è a sostenere, per esempio e in modo ancora lapidario, nella nostra telefonata l'indomani dell'incontro, che non vi esista nessun documento a verbale di un giudizio di estinzione del reato, salvo poi girarmi poche ore dopo via mail l'Ordinanza di dichiarazione della estinzione del reato
non abbiamo mai preteso che ella si curasse di un affare (nella sola fattispecie di mio marito nel contesto) senza la dovuta somma a corrispettivo
non ci siamo mai cullati su di un onere da obbligo informativo sull'avvocato gravante, ci siamo sempre spontaneamente interessati informati e curati, abbiamo attivamente collaborato in ogni momento e dalla prima ora,
tali comportamenti mi sconfortano e, sposando le umane parole di Calamandrei, mia ragione e bontà, mi domando senza tregua dove sia finito il cuore, quello stesso di cui lui si fece nunzio. È avvilente, amaro e triste destarsi nell’oscurità algida e rognosa della sua assenza.
Metilde S